Amedeo Amadei nacque il 26 luglio 1921, cresciuto tra l’attività di famiglia, le corse in bicicletta e i calci ad un pallone.

Il forno dei suoi genitori a Frascati – però – era la priorità per tutta la sua famiglia, e così passava gran parte delle sue giornate a fare il garzone portando il pane a domicilio ai vari negozi del paese in sella alla sua inseparabile bicicletta.

Un giorno però lesse sul giornale che ci sarebbero stati dei provini per entrare a far parte delle giovanili della Roma.

Non ci pensò due volte e con l’aiuto di un suo amico, andò agli allenamenti e fece il provino.

Non disse nulla alla sua famiglia perchè sapeva che sarebbero stati contrari. Fu subito selezionato e ingaggiato per le sue importanti doti già in giovane età.
Il responsabile della sezione ciclismo di Frascati non accettò l’idea di poter perdere il suo miglior ciclista e cercò in tutti i modi di dissuaderlo senza successo.

Il suo segreto fu scoperto dal padre il quale ne rimase contrariato: le  sorelle riuscirono a convincerlo prendendo le redini del lavoro del fratello pur di fargli provare questa nuova e tortuosa strada.

Il 2 maggio 1937 – a quasi 16 anni – esordì in Serie A diventando così il calciatore più giovane della storia del calcio italiano ad aver esordito nella massima serie (record eguagliato nel dicembre del 2016 da Pietro Pellegri al Genoa).

Amadei
Fonte immagineTwitter

Una settimana dopo segnò anche la sua prima rete in Serie A nella partita contro la Lucchese vinta per 5-1, diventando  il marcatore più giovane di tutti i tempi.

Record che detiene ancora oggi.

Venne girato in prestito all’Atalanta in Serie B per fare la classica gavetta:  dopo il suo ritorno divenne titolare inamovibile nello scacchiere di Alfred Schaffer, allenatore della Roma dal 1940 al 1942.

Agli esordi giocò come ala destra, per poi passare al ruolo di centravanti per sopperire alle deludenti prestazioni della punta di allora (Francisco Providente).
Nel nuovo ruolo espresse tutte le sue più grandi qualità e divenne in poco tempo beniamino dei tifosi romanisti.

Fu uno dei protagonisti della grandissima cavalcata che portò il primo storico scudetto alla Roma nel 1942.

Il forno fu purtroppo distrutto sotto i bombardamenti e il calciatore, con i suoi primi risparmi, riuscì a ricostruirlo pian piano.

Nel 1943 il campionato italiano si fermò per la Seconda Guerra Mondiale.

Quell’anno ebbe inizio la favola del Grande Torino e proprio in una partita tra la Roma e i granata, persa dai giallorossi, Amadei fu squalificato a vita per aver dato un calcio al guardalinee.

Successivamente – durante un pranzo dov’era presente anche il giudice di gara – il suo compagno di squadra Dagianti confessò di essere stato lui il vero colpevole di quel gesto.
Amadei beneficiò dell’amnistia solo dopo la fine della guerra.

Amadei
Fonte immagine Twitter

La squadra giallorossa all’epoca non era una squadra di  livello e questo penalizzò Amadei tanto da perdere la convocazione in Nazionale.
Quando il campionato riprese, nel 1948, la Roma ebbe gravi problemi economici e fu costretta a vendere il suo gioiello all’Inter.

Questa svolta nella sua carriera gli diede finalmente la possibilità di giocare anche per l’Italia: divenne titolare dopo la tragedia di Superga che portò alla morte dei giocatori del Grande Torino che fecero parte della formazione italiana.

Dopo due anni con la squadra nerazzurra con un  ottimo bottino di 70 partite e 42 gol, si trasferì al Napoli nel 1950 e ci rimase per sei stagioni totalizzando 171 presenze e 47 reti.

Nell’ultimo anno a Napoli divenne allenatore subentrando ad un suo ex compagno di squadra ai tempi della Roma: Eraldo Monzeglio.

«Quando passai all’Inter e poi al Napoli, misi subito le cose in chiaro: il giorno che incontreremo la Roma io non giocherò, dovesse pur essere una partita decisiva per lo scudetto. Non potete pretendere che io pugnali mia madre». 

Dopo Napoli, allenò la Lucchese e la Nazionale femminile italiana di cui quest’ultima a titolo gratuito. Vinse anche il Seminatore d’Oro per la stagione 1957/58, riconoscimento assegnato annualmente dalla FIGC all’allenatore che si è più distinto nel corso della stagione agonistica.

Nel 2007 gli fu intitolato il campo di Frascati, il più antico impianto sportivo del tuscolano.
Due anni dopo venne costituito il Roma Club Frascati intitolato a lui nominato anche presidente onorario.

Il 20 settembre 2012 venne inserito tra i primi 11 calciatori nella Hall of Fame della Roma. 

Il 24 novembre 2013 morì nella sua casa a Grottaferrata a 92 anni rimanendo per sempre un’icona del calcio giallorosso.

Raffaella De Macina