Senza Salah e Firmino, Klopp sottoscrive la favola di chi non si arrende mai. Di chi vince, gioca e diverte. Il Liverpool ribalta il risultato con una rimonta spettacolare. Manda a casa il Barcellona e conquista la finale di Champions. 

Alisson, il Barcellona che storia!

Lo scorso mercoledì sera contro il Barcellona, Alisson Becker si è piegato più e più volte impotente e inerme dinnanzi a quei tre palloni affondati alle sue spalle. Uno, due, tre. Uno più encomiabile dell’altro, uno più bello dell’altro. Probabilmente persino il brasiliano riguardandoli ne sarà rimasto esterrefatto per la grandezza. Maestosità che potrebbe avergli dato quel pizzico di sollevo da quel mea culpa che lo avrebbe potuto assalire se la finale poi sarebbe stata ancora una volta dall’avversaria.

Uno Suarez, due Lionel Messi, entrambi a scrivere un pezzo di storia blaugrana e di sé stessi. Alisson non ne ha potuto deviare le sorti e come l’anno scorso per l’ex portiere della Roma si era aperto per lui lo scenario di una sconfitta in semifinale di Champions. Chissà se tra un po’ di sconforto e un po’ di delusione, l’estremo difensore del Liverpool avrà pensato ai ricorsi storici. Chissà se ha pensato di potersi ritrovare ancora una volta a sottoscrivere un’altra impresa capovolgendo il destino di quella che sembrava una partita già assegnata, quantomeno a metà.

Suarez e Messi quei sudamericani che scrivono la storia del Barca

Di mezzo sempre il Barcellona

Lo stesso Barcellona che l’anno scorso, nella sfida valida per i quarti di finale della scorsa UCL Alisson ha, prima subito, poi battuto. Esattamente come lo scorso anno infatti il brasiliano ha incassato al Camp Nou una sconfitta e ancora una volta con tre gol di scarto. Solo che proprio Allison nel suo passato si è incespicato.

Alisson, Klopp...e la lezione del Liverpool: crederci, delle volte, è abbastanza
Alisson, Roma vs Barcellona, Champions League 2017/18
Foto: TMW

Ha mischiato le carte e alla fine in quel Liverpool tanto ostico ci è finito. Proprio a difendere la porta dei Reds, gli stessi che pochi mesi prima non era riuscito a battere e che gli avevano sottratto la gioia, immensa di un’altra rimonta prima, e di una finale in ultima istanza. E allora eccolo lì ad indossare quella maglia non più giallo-rossa ma solo rossa. Di nuovo al Camp Nou, con una maglia diversa ma davanti un analogo risultato. Poi però c’è Anfield e ci sono i 55mila tifosi che fanno tremare tutto intorno. Alisson probabilmente non lì avrà neppure guardati, né sentiti. Un solo pensiero rimbombava nella mente: cercare di non fare errori, proteggere quella rete come se fosse la finale, perché in fin dei conti quella rete è la finale. Alle sue spalle ma anche lì davanti a lui, in quella distesa di prato verde la possibilità di raggiungere Madrid. E allora, a chi importa se il destino è amaro?

Klopp faber fortunae suae: anche senza Salah

L’uomo è artefice del proprio destino. Seppur di questo non ne è tanto convinto Salah che per il secondo anno consecutivo rischia di perdere la più importante delle sfide. Quella contro il Barca,  quella in cui potrebbe e dovrebbe fare la differenza, per i suoi compagni ma anche per lui.

Alisson, Klopp...e la lezione del Liverpool: crederci, delle volte, è abbastanza
Salah infortunio, finale di Champions League 2018
Foto: Tuttosport

L’egiziano lo scorso anno il sogno finale l’ha raggiunto ma visto svanire praticamente   subito. Prima che i compagni vedessero sfumare il sogno Champions. Botta di Sergio Ramos, spalla andata e al 30esimo del primo tempo è costretto a lasciare il campo con le lacrime che gli rigano il viso. Un infortunio che peraltro mette al rischio pure il Mondiale che giocherà soltanto in parte.

Nella partita con il Newcastle, lo scorso week end, l’attaccante Reds dopo una botta alla testa si accascia a terra e ancora una volta è costretto ad uscire dal campo. Commozione cerebrale. Così Klopp ha parlato l’altro ieri ai microfoni durante la conferenza stampa pre partita. ‘Non è in grado di giocare’. Il Liverpool trema ancora, Salah si dispera, ma i ricorsi della partita sono tanti e il calcio è un po’ come il cuore: ha delle ragioni che la ragione non conosce.

Alisson, Klopp...e la lezione del Liverpool: crederci, delle volte, è abbastanza
Salah infortunio Newscastle-Liverpool Premier League 2018/19
Foto: Getty Images

Niente è impossibile 

Niente. Neppure le rimonte più improbabili. Lo sa bene questo il Liverpool, che le rimonte le tiene scritte nel dna, oltre che nella storia. E lo sa bene anche Jurgen Klopp che parla di ‘scenario non semplice‘ – la condizione di dover ribaltare un 3-0 blaugrana-. Uno Jurgen Klopp che però ha pure la fiducia di dire che i suoi potrebbero segnare tre reti negli ultimi minuti. Nonostante le assenze pesanti. A mancare a questo Liverpool nella nottata di ieri ad Andfield era non soltanto Momo Salah ma anche Firmino.

Ma Klopp e il suo Liverpool sono stati più forti persino del destino fattosi ancor più amaro con l’infortunio a partita in corso di Robertson. Non può contare sui suoi migliori due Jurgen, e ne perde un altro. Eppure può contare sul miglior ‘uomo’ aggiuntivo che il calcio possa avere: i tifosi. Un immenso Anfield abbraccia i Reds dal primo minuto in un ‘Walk on’ collettivo. Il Liverpool non cammina da solo. Né Klopp. Lui che, però, pur giocando bene, poi alla fine non vince – come gli è stato imputato-, alla fine vince. Giocando. E senza i migliori uomini.

Liverpool never walk alone, Barca go home!

Alisson, Klopp...e la lezione del Liverpool: crederci, delle volte, è abbastanza
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Contro il Barcellona di Leo Messi che anche questa volta esce sconfitta e battuta dopo aver tenuto l’avversario sotto scacco per una settimana. Ma basta un gesto, uno semplice e la regina si libera e lo scacco ribaltato. Un Barcellona che viene fermato in semifinale e che questa volta però non può azionare gli irrigatori per interrompere i festeggiamenti. Gli alieni vacillano e persino Messi sbaglia più di quanto sia credibile per uno come lui, per quell’alieno che una settimana fa aveva neutralizzato Alisson.

Ieri sera erano gli uomini ad ospitare gli alieni che finiscono per essere annichiliti e rispediti lì da dove erano arrivati. E chissà cosa penserà proprio adesso Alisson Becker, ora che potra sfilarsi i guantoni e fissare il vuoto. Chissà se adesso quella seicentesima rete dell’alieno non gli faccia quasi piacere averla incassata. Certo quei guantoni, ieri notte avranno giaciuto di fianco a lui, per essere guardati, probabilmente, un attimo prima di addormentarsi col sorriso.

Ad Anfield la partita dei piccoli che vincono i grandi

Alisson, Klopp...e la lezione del Liverpool: crederci, delle volte, è abbastanza
@LFC

Di sorridere adesso può concederselo tutto il Liverpool, specie questo Liverpool che andrà a giocarsi una finale che comunque andrà sarà storia. La finale dei piccoli diventati grandi, come quelli del Tottenham o Ajax che sarà. E allora forse, sarà la rivincita dei piccoli sui grandi. O magari dei piccoli diventati grandi. Un po’ come Alexandre-Arnold, il difensore classe ’98 che ha servito 13esimo e 14esimo assist stagionale, diventando il difensore con il più alto numero di assist a livello europeo.

Alisson, Klopp...e la lezione del Liverpool: crederci, delle volte, è abbastanza
@LFC

O semplicemente come Klopp, rivelatosi immenso, giustificando e legittimando tutta ‘l’esaltazione’ che ne deriva. Lui, l’allenatore che ‘non ha vinto nulla’ esce vittorioso dal suo Anfield e imbattuto ancora una volta nei doppi confronti in campo europeo.

Perché sì, ogni tanto vincere si può anche senza Messi nè Ronaldo e anche senza i migliori giocatori a disposizione. Perché ci sono volte in cui, vincere diventa più che l’unica cosa che conta, l’unica via percorribile.

Klopp la sua vittoria l’ha già avuta. Se la scorsa settimana Suarez e Messi hanno la storia, ieri il Liverpool ha scritto una favola e non solo calcistica. Ha scritto la favola di tutti coloro che sognano sì il lieto fine ma fanno di tutto per costruirselo. Ad Anfield è stata scritta la favola e la rivincita di chi non molla, di chi ci crede, di chi lotta con tutti i mezzi che possiede. Perché a volte, quel tutto ciò che si possiede è l’anima e l’amore di volerlo. E pur non sembrando abbastanza, crederci delle volte lo è.

 

 

 

Egle Patanè