È il 15 dicembre e Torino è gelata. 

Lo è anche il centro sportivo della Juventus, a Vinovo, i laghetti sono pozze di ghiaccio ricoperte da teli impermeabili.

Gli allenamenti della Beretti sono terminati, si mette a posto. Si va verso il pulmann per tornare in collegio a Moncalieri.

Ma aspettate. Mancano Neri e Ferramosca. Dove sono?

I ragazzi cercano con il buio che diventa paura e poi terrore quando accanto a un laghetto trovano lo zainetto di Ferramosca e i guanti da portiere di Neri.

Anche il loro sangue si gela.

Alessio e Riccardo sono in quel laghetto, uno già morto, l’altro in fin di vita. Sono scivolati silenziosamente in acqua per cercare di riprendere un pallone – uno stupido pallone, quanti se ne rompono in allenamento? – e il laghetto li ha inghiottiti, implacabile come il freddo che avvolge la città. 

Alessio Ferramosca e Riccardo Neri avevano solo 17 anni, sono morti per recuperare quella sfera simbolo dei loro sogni che non si sono mai realizzati.

A noi resta il ricordo, indelebile, dei loro visi sorridenti in maglia bianconera. Le associazioni benefiche nate nel loro nome. Il ricordo della loro spensieratezza e del loro amore per questo sport che tante volte ci divide. 

Loro, invece, li ha uniti fino alla morte.