Adrien Rabiot, il Duca, è approdato alla corte della Vecchia Signora.

Così il centrocampista francese, ufficialmente a Torino, venne ribattezzato al suo arrivo al PSG. Altezzoso, ribelle e talentuoso come un vero nobile di rango.

Rabiot
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Pronto a distinguersi nel bene e nel male: come quando non ha esitato a prendersi a botte con un certo Zlatan Ibrahimovic (“Siamo venuti alle mani in allenamento, ma quel giorno Ibrahimovic mi aveva un po’ preso di mira. A lui piacciono i tipi di carattere, come me”, riferisce lo stesso Adrien) o quando ha rifiutato di entrare nelle liste “d’emergenza” di Deschamps per i Mondiali di Russia. O tra i convocati, o non se ne fa niente. 

Alle spalle di questo giovane dal caratterino non facile c’è una storia familiare complicata, fatta di un padre gravemente ammalato, sin dalla sua prima adolescenza.

È il 2007, infatti, quando Michel Rabiot viene colpito da un ictus. Al risveglio, rimane intrappolato nella Sindrome Locked-in: uno stato postumo al trauma già subìto,  in cui il paziente è perfettamente cosciente ma non può più muoversi.  Mentalmente è lucidissimo, ma può comunicare solamente sbattendo le palpebre.

Per Adrien, che ha solo 12 anni e che ha respirato calcio sin da piccolo grazie a suo padre, è la frana sotto i suoi giovanissimi piedi. Nato nell’Île-de-France, è cresciuto alla luce  dalla grande passione del padre per il PSG di Weah e Ginola: ed è dal genitore che viene avviato alla conquista dei campi di gioco.

A quel punto subentra mamma Véronique – dipinta come una sorta di Virago dai media del mondo del calcio – a prendere le redini della famiglia, a curare il cammino del figlio nell’ ambiente sportivo. L’adolescente si aggrappa con forza alla figura meterna imitandone in tutto la determinazione e l’arte di sapersi difendere. Adrien è giovanissimo ma non si fa scoraggiare, né intimorire. Il rapporto con papà Michel – un rapporto fatto di sguardi, di battiti di ciglia – diviene più intenso malgrado tutto:

“Sto combattendo anche per lui”, dirà in un’ intervista.

Si fa notare dall’Academy del Manchester City, poi entra nelle giovanili del PSG. Per la madre è la soluzione ideale, perché le permette di occuparsi nel contempo di marito e figlio. La vita sul campo per il giovane Rabiot è una valvola di sfogo, un momento per non pensare a quanto di brutto c’è a casa. Nel contempo tuttavia il rapporto con la madre si complica: la donna è dispotica, vuole controllare ogni virgola della vita del ragazzo. Risulta quasi ossessiva e a Adrien in alcuni momenti sembra mancare l’aria. 

Michel e Adrien Rabiot
Ultimo Uomo

Nel 2011, tra le fila dell’ Under 19 parigina, Adrien riesce a farsi vedere dal padre, in un’amichevole a Auxerre, dove Michel si trova in ospedale. L’unica volte in cui ha visto il figlio giocare:  il ragazzo segna per lui una doppietta. Forse questa a oggi è ancora la partita più bella, per il Duca. 

Passato in prima squadra, il centrocampista deve sgomitare per trovare spazio tra le tante stelle dello Sceicco. Ci riesce grazie alla forza acquisita, un po’ per nascita, un po’ per esempio di quel padre che non molla mai, che rimane sempre vigile malgrado tutto, che gli trasmette fiducia e orgoglio anche da una sedia a rotelle. Poi il 2018, il mancato rinnovo con il PSG  che lo mette ai margini del progetto.

Fino alla morte di Michel, nel gennaio di quest’anno. Una morte inevitabile, che solleva e addolora: Adrien Rabiot chiude un capitolo lunghissimo e sofferto della sua giovane vita. 

Rabiot J medical
Juventus.com

In queste ultime ore, Adrien Rabiot sta sostenendo le visite mediche al J Medical. Arrivato ieri sera, colpisce il suo sorriso forzato. Un ragazzo che ha bisogno di nuova linfa, dopo mesi complicati. La Juventus è un’ opportunità enorme, fuori dalle mura francesi che per tanto tempo hanno rappresentato sicurezza, ma anche prigionia.

Adesso è il momento di fare veramente il Duca. A centrocampo, però.