(Immagine tratta da Facebook)

E’ il 3 giugno del 2017, sono da poco passate le 22, piazza San Carlo gremita di tifosi bianconeri che assistono alla finale di Champions League.

Per la Vecchia Signora le cose non si mettono bene, il Real Madrid ha appena segnato il gol del 3 a 1 quando un rumore intenso scatena il caos nel salotto buono di Torino generato dalla paura che si tratti di una ordigno e ingigantito dall’incertezza di cosa stia realmente accadendo, temendo un attentato.

Panico, urla, fuggi fuggi generale, transenne travolte, persone calpestate, altre che cadono sull’infinito tappeto di cocci di vetro che non avrebbero dovuto esserci, rimasugli delle bottiglie vendute dagli abusivi ad ogni angolo, senza che nessuno preposto alla vigilanza intervenisse. 

Il bilancio finale è di 1500 feriti, alcuni gravi; dopo pochi giorni di agonia morirà la trentottenne Erika Pioletti che seguiva la Juve indirettamente perché era la passione del fidanzato; Marisa Amato, una signora sessantenne che semplicemente sta passeggiando sotto i portici con il marito, viene travolta brutalmente dalla folla  e da quel momento rimane paralizzata dal collo in giù, costretta alla sedia a rotelle.

Stamattina la signora Marisa, ricoverata da mercoledì in terapia intensiva all’ospedale Cto di Torino per un’infezione che le ha provocato una grave disfunzione polmonare, è morta.  

Aveva chiesto ai medici che l’avevano in cura per i molteplici problemi che la sua condizione le provocava che non le venissero praticate terapie invasive, per mantenere inalterato almeno lo stato di coscienza.

Alcuni mesi fa per sostenere Marisa e la sua famiglia era nata un’associazione e molte persone, tra le quali anche alcuni giocatori della Juventus e del Torino, si erano attivati per dare segni concreti di solidarietà.

In occasione del primo anniversario, attraverso la pagina social “Aiutiamo Marisa Amato”, Marisa aveva sottolineato in particolare il grande calore umano costante ed ininterrotto che l’aveva sostenuta nei periodi più bui.

Lo scorso 23 ottobre, all’udienza preliminare per il processo per i fatti del 3 giugno, Marisa aveva presenziato come parte civile nel dibattimento in aula; la signora aveva raggiunto l’aula bunker in ambulanza.

Marisa non era una tifosa, non aveva mai seguito il calcio, quella sera era uscita con il marito per fare due passi e per mangiare una farinata; di sicuro non immaginava che una banda di ragazzini deliquenti avesse orchestrato di fare scippi utilizzando spray urticanti che hanno dato il via al panico.

E’ drammaticamente curioso che le due vittime di quella tragedia oltre che donne siano entrambe non tifose…

Ed è ancora più drammatico pensare che quanto successo si poteva evitare scegliendo una location più adatta; la piazza infatti si è trasformata in una trappola soprattutto perché carente di vie di fuga e le persone si sono trovate ammassate e terrorizzate sotto i portici.

Silvia Sanmory