Il 29 maggio 1985, poco prima dell`inizio della finale di Coppa dei Campioni tra Juve e Liverpool allo stadio Heysel di Bruxelles, è andata di scena una delle pagine più tristi della storia del calcio: quello che doveva essere teatro di festa si trasformò in un campo di battaglia e in un cimitero.

Erano le 18,30, in tv la voce di Bruno Pizzul cercava di spiegare quanto stava accadendo. Difficile per un telecronista sportivo, ma per chiunque, raccontare qualcosa che con il calcio non ha nulla a che vedere: la polizia che non riusciva a controllare i tifosi inglesi che inseguono i supporters della Juventus fino all’estremità degli spalti; tutti ammassati nell’angolo più lontano e basso del Settore Z, schiacciati l’uno sull’altro contro un muro che crollò…

Sotto quelle macerie persero la vita 39 tifosi, 39 persone che erano in Belgio, in quello stadio  semplicemente per l’amore del calcio e per sostenere la propria squadra.

Una foto d'archivio raffigurante la tragedia dello stadio di Heysel, dove 39 persone hanno perso la vita, durante la finale di Coppa Campioni (attuale Champions League) tra Juventus e Liverpool, in una immagine del 29 maggio 1985. ANSA/ARCHIVIO

Triste però che, ancora oggi, negli stadi, si sentano cori inneggianti quell’episodio che dovrebbe far raccapricciare qualsiasi tifoso, di qualsiasi colore, perchè non è giusto morire così…a trentun anni di distanza da quella tragedia resta una ferita aperta.

Una ferita che, purtroppo, non può essere rimarginata perchè non si può più tornare indietro.

Non si può fare altro che ricordare a Bruxelles, dove, presso lo stadio della capitale belga ha avuto luogo una cerimonia di commemorazione alla quale hanno partecipato il presidente dello Juventus Museum Paolo Garimberti e Virginia Antonini (Sustainability and External Relations Manager) come rappresentanti bianconeri; a Torino, dove, per onorare la memoria delle vittime, sulla Mole Antonelliana sarà proiettata la scritta «+39 rispetto».

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Sono passati ormai trentuno anni da quella notte maledetta, in cui una partita di calcio si macchiò del sangue di uomini, donne e bambini partiti con la semplice intenzione di vivere una serata di festa e tifare.

Si può e si deve ricordare, commemorare, abbracciare col pensiero come tutt’oggi fanno gli ultras della curva Sud in occasione di ogni partita della squadra bianconera, perchè, in quelle 39 vittime c’è ognuno di noi che ama questo sport e “nessuno muore veramente se vive nel cuore di chi resta”.

Caterina Autiero