Il 23 gennaio 1939 Matthias Sindelar muore per mano dei nazisti, il calciatore dell’Austria Vienna non volle piegarsi ad Adolf Hitler.

Matthias Sindelar, in quel gelido 23 gennaio 1939, pagò con la vita l’affronto al regime di Adolf Hitler.

Sindelar, originario della Repubblica Ceca, conosceva bene i dolori della guerra: il primo conflitto mondiale l’aveva reso orfano di padre. Per lui un’altra strage non era necessaria, non doveva accadere.

All’epoca Sindelar era l’idolo delle folle nella capitale austriaca, con il suo Austria Vienna collezionava un numero incredibile di trofei e i giornali avevano cominciato a chiamarlo “il Mozart del calcio”. Con lui e un’intera generazione di talenti, l’Austria schiera in campo la nazionale più forte degli anni ’30.

Purtroppo la vittoria ai Mondiali del 1934 non arriverà: l’Italia trionfa in casa con un arbitraggio più che di parte, sotto gli occhi soddisfatti di Benito Mussolini in tribuna.

Sindelar ingoia il primo boccone amaro.

Con l’invasione delle truppe naziste in Austria quattro anni più tardi, iniziano le persecuzioni nei confronti degli ebrei.

Tra questi c’è il presidente dell’Austria Vienna, Michael Schwarz.

La sua vita pubblica è cancellata, nessuno gli rivolge la parola.
Nessuno eccetto Matthias Sindelar.

Sindelar augura il buongiorno al proprio presidente tutte le mattine e fa in modo che tutti lo sentano, perché nessun uomo, nemmeno Adolf Hitler, arriva nella sua città, nella sua squadra, e decide con chi può o non può parlare.

La Germania è ormai prossima ad inglobare l’Austria nei propri confini così organizza un’ultima partita tra le due nazionali per sancire la definitiva unione.

Sugli spalti ci sono tutte le più alte cariche del regime nazista.

Dall’aria che si respira in campo e nel pre-partita una cosa è certa, nessuno si aspetta che la Germania perda quella partita.

Ma ancora una volta Sindelar non ci sta.

Hitler avrà conquistato popoli e traviato le menti delle persone ma non avrà voce in capitolo anche sul calcio, l’ultimo barlume di gioia e di spensieratezza rimasto alla gente.
Finisce 2-0 per l’Austria, con gol ed assist di Sindelar.

L’attaccante e il suo compagno Sesta non tendono il braccio per il saluto romano a fine partita, l’affronto è pubblico.

È il gesto che gli costerà la vita.

Meno di un anno dopo, nel periodo d’oro del nazismo, Sindelar e la sua compagna vengono trovati senza vita nel loro appartamento.

Il caso viene archiviato frettolosamente, così come vuole il regime.

Quella di Matthias Sindelar è la storia di un uomo che non si piegò mai all’egemonia di Hitler, che volle togliere alle persone anche un sport come il calcio che da sempre riusciva ad unire i cuori di migliaia di persone.

Una storia che ci ricorda che davanti ai deliri della dittatura non bisogna piegarsi, mai.

 

Federica Vitali