Stadio San Siro, una domenica calda di maggio, l’ultima di campionato.

Va in scena Milan-Brescia.

Il Diavolo festeggia il titolo appena conquistato tra la sua gente, accorsa numerosa a affollare il Meazza. Ma non solo per i rossoneri.

Non è solo la giornata che chiude la Serie A.

È l’ultima partita di Roberto Baggio, numero 10 del Brescia.

 

Baggio e Maldini
Fonte immagine Twitter Official Milan

È l’ultima partita DEL numero 10.

È l’addio al rettangolo verde del Divin Codino, del Re  più brillante in Azzurro, l’uomo che trasforma il pallone in una danza preziosa e struggente.
È l’eclissi di un campione straordinario, capace di pennellare calcio su due ginocchia frantumate, capace di andare per anni oltre il dolore.

La gente lo sa: ed è accorsa per lui, per gridare il suo nome tra gli spalti gremiti, per vederlo incantare per l’ultima volta le platee, per quella grazia che ancora lo distingue malgrado i 37 anni già compiuti.

Al momento della sua sostituzione, circa sei  minuti prima del fischio finale, la partita è sommersa dagli applausi scroscianti, dal coro a lui dedicato, dalle lacrime, dall’abbraccio ( di Maldini il primo) di tutti, compagni e avversari.

Roberto è visibilmente commosso. Con quella compostezza che da sempre lo contraddistingue.

Io guardo tutto dal teleschermo.

Quello stesso al quale, diversi anni prima, rimasi incollata, senza fiato, nel vederlo giocare per la prima volta.

Mi viene da piangere, perché so ( come scriverà qualche tempo dopo Cremonini) che le domeniche senza di lui non saranno più le stesse. Il calcio, non sarà più lo stesso. 

Ma mi sento anche fortunata. Per tutto quello che gli ho visto fare.

Perché ancora oggi, se mi chiedessero che cos’è la bellezza, risponderei senza esitare: la prima volta che ho visto Roberto Baggio.

Daniela Russo