13 anni fa la scomparsa di Morosini che cambiò il calcio: da quel giorno, mai più senza defibrillatori

13 anni dopo la morte di Morosini: il suo ricordo e la sua eredità vivono nei protocolli salvavita che hanno cambiato il calcio italiano

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Tredici anni fa, il calcio italiano perdeva uno dei suoi calciatori più sfortunati. Era il 14 aprile 2012 quando Piermario Morosini, centrocampista del Livorno, si accasciava al suolo durante la partita contro il Pescara allo stadio Adriatico. Non si sarebbe più rialzato. Morì poco dopo in ospedale, all’età di soli 25 anni, a causa di una cardiomiopatia aritmogena, una rara malattia genetica mai diagnosticata. La sua morte sconvolse l’Italia e il mondo del calcio, lasciando un vuoto ancora oggi incolmabile.

Oggi, a tredici anni esatti da quel tragico giorno, il suo ricordo è più vivo che mai. A Livorno, dove indossò la maglia amaranto, i giocatori sono scesi in campo per la sfida contro il Flaminia (Serie D) indossando tutti la maglia numero 25, quella che fu di Piermario. Prima del fischio d’inizio, tre compagni di squadra presenti quel giorno a Pescara — Federico Dionisi, Andrea Luci e Luca Mazzoni — hanno deposto una corona di fiori sotto la Curva Nord, in un silenzio carico di significato. 

Una morte che ha fatto giurisprudenza

La morte di Morosini ha portato a un cambiamento profondo nella gestione dell’emergenza medica sui campi da gioco. Dal 2013, grazie a un decreto del Ministero della Salute, i defibrillatori semiautomatici sono obbligatori in tutti gli impianti sportivi professionistici e dilettantistici. Dal 2021, questa norma è stata estesa anche a luoghi pubblici e di lavoro. È una rivoluzione silenziosa, nata da una tragedia, che oggi può fare la differenza tra la vita e la morte.

Negli anni, la ricerca medica ha fatto passi avanti nella comprensione delle cause della morte improvvisa nei giovani atleti. L’aritmologo di fama internazionale Domenico Corrado, direttore dell’Unità operativa complessa dell’Azienda Ospedale di Padova, ha recentemente confermato che solo la risonanza magnetica cardiaca con mezzo di contrasto può individuare in modo efficace anomalie come la cardiomiopatia aritmogena. È lo stesso tipo di esame che oggi viene utilizzato per prevenire tragedie simili a quelle che hanno colpito anche Davide Astori o Christian Eriksen, quest’ultimo salvato in extremis durante l’Europeo nell’estate del 2021.

Corrado, che fu nominato super perito nei casi di Morosini e Astori, sottolinea come la prevenzione cardiaca negli atleti debba essere più avanzata e sistematica. La sua ricerca, frutto del lavoro con l’Università di Padova, ha aperto nuovi scenari nella diagnosi precoce delle malattie cardiache silenti.

Morosini non c’è più, ma la sua memoria vive nella lotta per la prevenzione, nella presenza dei defibrillatori a bordo campo, e nel cuore di chi lo ha conosciuto, tifato, amato.

Martina Giuliano