Continua a tenere accesi gli animi la polemica sulla convocazione di Antonio Conte per le prossime due partite della Nazionale di calcio di due oriundi, Vazquez e Eder. La carenza di giovani talenti italiani nel nostro calcio e l’invasione di giocatori stranieri hanno reso il lavoro di convocazione in azzurro sempre più difficile. La grande stagione della Sampdoria, unita alle giocate del fantasista rosanero hanno alla fine convinto l’ex allenatore della Juventus. Di parere contrario Roberto Mancini, secondo il quale gli “Azzurri” devono essere solo giocatori nati in Italia. Ma l’ex bianconero non le manda di certo a dire, difendendo le sue scelte:

“Per quanto mi riguarda ho premiato giocatori che hanno la cittadinanza italiana. Che linea ho adottato? Vazquez, al contrario ad esempio di Dybala, aveva detto che aveva la madre italiana e sentiva dentro di essere italiano. Io non ho mai forzato nessuno, mai ho parlato direttamente con loro per convincerli, uno deve sentirselo dentro, la Nazionale non deve essere un ripiego per chi non viene chiamato dalla propria rappresentativa. Aggiungo poi che sia Eder sia Vazquez stanno facendo molto bene in campionato, avrei voluto testarli un mese fa, ma non essendo stato possibile li valuterò adesso”.

E chi un oriundo lo ha fatto diventare campione del Mondo è stato Marcello Lippi. L’ex CT azzurro, vincitore del Mondiale 2006 in Germania, aveva in rosa Mauro Camoranesi, oriundo italo-argentino. “Io con Camoranesi ho vinto un Mondiale – ha ricordato Lippi ai microfoni di ‘Premium Sport -Se Cristiano Ronaldo o Messi avessero avuto parenti italiani, nessuno avrebbe avuto niente da ridire. Se si rispetta il regolamento, non vedo dove sia il problema”.

Chi avrà ragione? In attesa di conoscere la risposta, diamo un sguardo al passato. Se andiamo indietro nel tempo, da Altafini a Thiago Motta, la lista degli oriundi che hanno indossato la maglia della nostra nazionale è lungo. Alcuni di loro hanno lasciato un segno indelebile, altri invece sono passati come meteore senza lasciar traccia.

Barbara Roviello Ghiringhelli